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mercoledì 30 dicembre 2015

Pietro Martorana 'u malufigghiu


-         Alla Milicia hanno sparato a uno, stava uscendo dal bar.
-         Ma chi è questo che gli hanno sparato?
-         ‘u malufigghiu, lo conosce vossia?

'
'U malufigghiu di nome fa Pietro Martorana, 39 anni. Gli sparano ma non muore sul colpo. 

È figlioccio di don Piddu Panno, dopo la scomparsa del padrino non si era più fatto vedere in giro tant'è che molti pensavano che fosse scomparso di lupara bianca. Tanti fanno questa fine, un amico gli dà appuntamento e si presentano in quattro, prendono il predestinato, una sentenza sommaria e lo ammazzano. Il cadavere finisce in un pilastro di una costruzione in fabbrica, squagliato nell'acido o buttato in mare aperto con una base di cemento ai piedi. Pietro invece era tornato, quando la gente lo vide prima pensò a un fantasma invece era lui che camminava in carne e ossa, lo vide vivo che respirava, mangiava e scherzava ma tutti concordavano, questo c’è e non c’è, è provvisorio. 
Dicono che Pietro Martorana la mattina del 6 agosto del 1982 è in giro, lo avvistano che per mano porta un bambino. 
(Lui è. Talè, ha pure suo figlio, glielo scanniamo?)
Fuori c’è una 127 con tre persone. 
Pietro ha capito tutto, guarda suo figlio, suo figlio guarda lui. 
Papà! 
Sì, cammina, cammina veloce.
Pietro deve fare una cosa, deve riuscirci, prima che sia troppo tardi, il bambino deve salvarsi: salgono in auto, accelera, lo riaccompagna a casa. Risale in auto e torna al bar. Scende, si guarda intorno ma non c'è nessuno, boh, entra e ordina un caffè, fammi un cafè dice, si mostra tranquillo ma tranquillo non è, non deve fare trapelare nulla, può essere pure che questi che ha visto cercano un altro, impassibile, Pietro deve fare finta di niente, può essere pure che magari gli vogliono solo parlare per sapere qualcosa, impassibile, può essere pure che magari lo vogliono contattare per comunicargli che la famiglia è disposta ad arruolarlo anche se lui era soldato di don Piddu Panno. Deve essere così, pensa 'u malufigghiu. Se non è così allora a pranzo un posto a tavola resterà vacante. 
Pietro il caffè lo ha già bevuto, si è bruciato la lingua; guarda fuori, la testa a quelli della 127. E quelli ci sono, lo stanno aspettando. Bisogna capire, vediamo se è a me che seguono, vediamo se si muovono, vediamo se mi fanno segnale che mi vogliono parlare, magari Gregorio prima di morire ha avuto il tempo di dirgli che sono interessato a passare dalla loro parte. Pietro esce e sale in auto, accende il motore e le ruote si spostano. Poche decine di metri. 

Si è sbagliato, quelli non gli volevano parlare.

A Sant'Erasmo

Porticciolo Sant'Erasmo (PA)
Sant’Erasmo è una borgata di pescatori che vanno a trainare con piccole barche. Il pesce lo vende il signor Tagliavia, odora di mare - un pesce spada poggiato su un letto di ghiaccio, accanto pezzi di tonno nostrano, e poi la minutaglia. 
A Sant’Erasmo Antonino Sinagra e suo cugino Vincenzo Sinagra  'un'dlì  sono a disposizione, aspettano che arrivi il lavoro (ufficialmente pescano, di fatto sono in carico alla cosca di corso dei Mille, quella di Filippo Marchese, che proprio qui, in via Ponte di Mare, in un magazzino ha adibito  la camera della morte – corde e vasche per l’acido).
Vincenzo Sinagra 'un'dlì
Dirà la madre dei fratelli Vincenzo Sinagra ‘u tempesta e Antonino - un paio di giorni dopo il loro arresto -, che i suoi figli si alzano alle quattro di mattina e vanno a tirare le reti, tornano e rattoppano i buchi causati dalle fiere, riprendono la via del mare per calarle che già è sera; neanche si fanno quattro ore di sonno che sono a terra per ricominciare: il tempo per ammazzare i cristiani quando l'avrebbero? “Sa – dice al giornalista – i pescatori sono invidiosi e se i miei figli vedono che gli altri pescatori hanno preso più pesce, rimangono a mare altre due ore e passano il tempo a mazzuliare il mare, a battere con i remi che così i pesci si appagnano e si impirugghiano nelle reti.”

Antonino Sinagra
Alle dieci del 7 agosto del 1982, minuto più minuto meno, nella piazzetta di Sant’Erasmo spunta Salvatore Rotolo, killer e vivandiere di Filippo Marchese che per ora è in latitanza - è ammazzagienti di professione, piccolo, muto e dai movimenti nervosi, dicono che quando ammazza sorrida. Gli serve una persona. Antonino Sinagra si fa avanti ma Salvatore Rotolo gli dice no, statti qua che c'è un chiffarieddu ri droga, cose di spaccio; si piglia Vincenzo Sinagra u‘ndlì – lo chiamano così, come il tintinnio dei sonagli che si scuotono davanti i bambini piccoli per farli calmare quando piangono.
Salvatore Rotolo fa entrare Vincenzo Sinagra ‘u‘ndlì nella sua fiat 126 da lavoro, due colpi di acceleratore e guidando a sinistra si lascia dietro le auto incolonnate di Palermo Bandita; una mezza stirata e già ha superato l'Acqua dei Corsari; gira lo sguardo e fissa gli occhi neri e babbioni di Vincenzo Sinagra. Talè, forse c'è da fare la nottata, per sì e per no comprati le sigarette che almeno ti passa il tempo a svampare.
Per sì e per no Vincenzo Sinagra compra due pacchetti di Marlboro dure.